Cos’è la colecistectomia?

La colecistectomia è un intervento chirurgico che consiste nell’asportazione della colecisti (anche detta cistifellea). Quest’ultima è un piccolo organo a forma di sacco situato sotto il fegato e che ha come funzione principale quella di immagazzinare la bile — un liquido prodotto dal fegato che serve per digerire i grassi — e riversarla nell’intestino durante la digestione.

Al momento della digestione, la bile prodotta nel fegato viene convogliata verso il duodeno, il primo tratto dell’intestino tenue, attraverso una complessa rete di canali (dotti biliari) che confluiscono nella via biliare principale. La colecisti è collegata alla via biliare principale tramite il dotto cistico [1].

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Quali sono i sintomi che possono indicare il bisogno di una colecistectomia?

Tra i sintomi che possono indicare il bisogno di una colecistectomia figurano [2]:

dolore intenso e acuto (spesso descritto come “crampiforme”) localizzato nell’ipocondrio destro (sotto le costole) o in epigastrio (parte alta e centrale dell’addome) e che può irradiarsi verso la scapola destra o la spalla, solitamente insorge dopo i pasti (soprattutto se grassi);
dolore addominale persistente;
tensione addominale;
nausea e vomito, in particolare dopo i pasti;
difficoltà digestive persistenti, come senso di pienezza precoce, gonfiore, eruttazioni frequenti o intolleranza a cibi grassi o fritti;
febbre e brividi, in caso di infiammazione o infezione;
segno di Murphy positivo, ossia dolore intenso alla palpazione profonda dell’ipocondrio destro durante l’inspirazione;
ittero, colorazione gialla della pelle e delle sclere;
feci chiare e urine scure, poiché l’ostruzione biliare impedisce alla bile di raggiungere l’intestino, modificando il colore delle feci e delle urine.

Quando deve essere eseguita la colecistectomia?

L’intervento viene solitamente eseguito per trattare patologie come: colelitiasi sintomatica o complicata, colecistite acuta o cronica, polipi della colecisti, porcellanizzazione della colecisti o disfunzione della colecisti.

Colelitiasi sintomatica: ossia la presenza nella colecisti di calcoli (litiasi), formazioni solide composte principalmente da colesterolo o pigmenti biliari. Questi calcoli possono essere silenti (asintomatici) o causare sintomi e complicanze come coliche biliari, nausea e vomito e difficoltà digestive persistenti [3].
Colelitiasi complicata: quando i calcoli migrano dalle colecisti nelle vie biliari extraepatiche, causando colangite (infezione delle vie biliari), febbre, ittero, dolore addominale o pancreatite acuta biliare (un’infiammazione del pancreas causata dall’ostruzione del coledoco).
Colecistite acuta: infiammazione acuta della colecisti, solitamente causata da un calcolo che ostruisce il dotto cistico, impedendo il normale deflusso della bile. Questo porta a un’infiammazione progressiva, infezione e talvolta necrosi della parete colecistica. In questo caso, la colecistectomia è raccomandata entro 72 ore dall’insorgenza dei sintomi.
Colecistite cronica: una forma meno acuta ma ricorrente di infiammazione, che nel tempo provoca ispessimento della parete colecistica, disfunzione della colecisti e formazione di aderenze.
Polipi della colecisti: crescite anomale della mucosa interna della colecisti. La maggior parte è benigna, ma alcuni possono evolvere in forme maligne (adenocarcinoma). L’intervento è indicato quando il polipo supera un centimetro di diametro, è presente un singolo polipo sessile (a base larga), si osserva rapida crescita nel tempo, è presente colelitiasi associata o il paziente ha fattori di rischio per il cancro della colecisti (età superiore ai 60 anni, familiarità, sintomi persistenti).
Porcellanizzazione della colecisti: calcificazione diffusa della parete colecistica, che assume un aspetto bianco-bluastro e rigido, visibile alla radiografia o alla tomografia computerizzata. È considerata una condizione pre maligna, associata a un aumentato rischio di carcinoma della colecisti.
Disfunzione della colecisti (discinesia biliare): una condizione in cui la colecisti ha una motilità alterata (ipomotilità), spesso senza calcoli, ma con sintomi simili a quelli della colelitiasi, ossia dolore post-prandiale, nausea, digestione difficile.

Come si esegue la colecistectomia?

La colecistectomia è l’intervento chirurgico che può essere eseguito in modalità tradizionale (open) o laparoscopica [4].

Prima di eseguire la colecistectomia, per valutare se esistono condizioni che richiedono precauzioni speciali o un rinvio dell’intervento, ogni paziente viene sottoposto a:

esami del sangue (emocromo, coagulazione, funzionalità epatica e renale);
elettrocardiogramma;
visita anestesiologica;
ecografia o TAC addominale;
in alcuni casi, colangio-RM o gastroscopia/ERCP.

Colecistectomia laparoscopica

La colecistectomia laparoscopica è una tecnica minimamente invasiva e, attualmente, la più utilizzata, soprattutto nei casi programmati (elettivi) o in assenza di complicanze gravi [5].

L’intervento, svolto in anestesia totale, prevede le seguenti fasi:

posizionamento del paziente: che viene sdraiato sulla schiena con lieve inclinazione a sinistra;
insufflazione dell’addome (pneumoperitoneo): viene introdotta anidride carbonica nell’addome per sollevare la parete addominale e creare spazio per operare;
inserimento dei trocars (cannule): si praticano tre o quattro piccole incisioni (da 5 a 10 millimetri) attraverso le quali vengono inseriti una telecamera laparoscopica e gli strumenti chirurgici (pinze, forbici, dissezione, clippatrici);
identificazione e dissezione delle strutture anatomiche: il chirurgo individua quindi il dotto cistico e l’arteria cistica, li lega (con clip metalliche o assorbibili) e li seziona, separando la colecisti dal letto epatico;
asportazione della colecisti: questa viene rimossa attraverso una delle incisioni (solitamente sull’ombelico), se presenti calcoli di grandi dimensioni, può essere necessario un ampliamento dell’incisione;
controllo emostasi e lavaggio: si verifica l’assenza di sanguinamenti o perdite di bile, in alcuni casi si inserisce un drenaggio, che verrà rimosso nei giorni successivi;
chiusura delle incisioni: le ferite vengono quindi suturate o chiuse con colla chirurgica, lasciando cicatrici piccole e poco visibili.

L’intervento dura solitamente tra i 30 e i 90 minuti, a seconda della complessità e del singolo caso e, rispetto alla modalità open, prevede un recupero più rapido, meno dolore post-operatorio, un minor rischio di infezioni, un miglior risultato estetico e un minor tempo di degenza (solitamente le dimissioni del paziente avvengono entro 48 ore).

Colecistectomia open

La colecistectomia open è un intervento a cielo aperto eseguito attraverso un’incisione addominale più ampia rispetto a quella prevista per la tecnica laparoscopica.

Questa modalità è indicata quando la prima non è praticabile (per esempio in caso di aderenze o infezioni estese), quando la situazione è molto complessa o è in corso un’emorragia intraoperatoria o quando il paziente ha già subito interventi addominali importanti [6].

L’intervento prevede le seguenti fasi, precedute dall’anestesia totale e dal posizionamento del paziente:

incisione chirurgica: sotto le costole sul lato destro (tipicamente obliqua o subcostale);
esposizione della colecisti e delle vie biliari;
legatura e sezione del dotto cistico e dell’arteria cistica;
rimozione della colecisti;
controllo di eventuali complicanze;
sutura dell’incisione.

L’intervento ha una durata che può variare dai 30 ai 90 minuti, a seconda del singolo caso. La guarigione è più lenta rispetto a quella prevista in seguito alla laparoscopia a causa della maggiore invasività dell’intervento e della dimensione dell’incisione.

Quali sono i tempi di recupero dopo la colecistectomia?

I tempi di recupero variano a seconda della tipologia di intervento eseguito. Durante il recupero, è importante segnalare ai medici sintomi quali:

febbre persistente al di sopra dei 38°C;
arrossamento o secrezione dalle ferite;
dolore addominale intenso, che peggiora;
vomito o difficoltà digestive importanti;
colorazione gialla della pelle (ittero).

Tempi di recupero dopo la colecistectomia laparoscopica

Dopo una colecistectomia laparoscopica il recupero prevede:

prime 24 ore: possibile dolore lieve alle incisioni, ma il paziente può alzarsi dal letto, camminare e iniziare una dieta leggera;
due-tre giorni: il dolore si riduce sensibilmente e molti pazienti vengono dimessi già entro 24 o 48 ore, tornando a un’alimentazione quasi normale;
una settimana: le ferite superficiali sono già in buona parte guarite ed è possibile tornare a svolgere attività leggere (camminare, uscire);
due settimane: è solitamente possibile il rientro al lavoro (se non richiede sforzi fisici), si possono inoltre riprendere attività quotidiane senza limitazioni rilevanti;
quattro settimane: è prevista la ripresa completa, è consentita attività sportiva moderata o intensa, previa valutazione medica.

In fase di recupero è consigliabile evitare sforzi fisici intensi o il sollevamento di pesi per almeno 2 settimane, prestare attenzione alla dieta (introducendo gradualmente i cibi grassi) e un controllo ambulatoriale per la valutazione delle ferite e degli esami post-operatori (se richiesti).

Tempi di recupero dopo la colecistectomia open

Dopo una colecistectomia open, la guarigione è più lenta a causa della maggiore invasività dell’intervento e della dimensione dell’incisione. Di seguito i tempi di recupero previsti:

prime 48 o 72 ore: dolore post-operatorio (gestito con analgesici);
1 settimana: si può riprendere a mangiare normalmente, il paziente è generalmente dimesso con indicazioni su igiene delle ferite e gestione del dolore;
due-tre settimane: le incisioni esterne guariscono, ma è ancora necessario evitare sforzi, è previsto l’inizio graduale delle attività leggere;
quattro–sei settimane: rientro al lavoro (se sedentario) e ripresa progressiva delle normali attività quotidiane;
sei–otto settimane: guarigione completa, con possibile ritorno allo sport e a lavori manuali pesanti.

In fase di recupero è consigliabile monitorare le ferite per evitare infezioni o ernie post-incisionali, un riposo prolungato, con attenzione a segnali di febbre, secrezioni o dolore intenso, e supporto del medico curante o del chirurgo nella ripresa graduale delle attività.

In quali strutture si esegue la colecistectomia?

La colecistectomia è un intervento chirurgico che si esegue esclusivamente in ambiente ospedaliero (ospedali pubblici, policlinici universitari, cliniche private), in unità di chirurgia generale o chirurgia laparoscopica e mininvasiva, con il supporto di un’équipe multidisciplinare.

L’intervento viene solitamente eseguito da un chirurgo generale o da un medico specializzato nella diagnosi e nel trattamento chirurgico delle patologie degli organi addominali.

Esistono delle controindicazioni per la colecistectomia?

Anche se in generale l’intervento è considerato sicuro e ben tollerato dalla maggior parte dei pazienti, esistono alcune controindicazioni per la colecistectomia, che possono essere assolute o relative.

Controindicazioni assolute

Le controindicazioni assolute per la colecistectomia sono rare, ma se presenti rendono l’intervento impossibile o troppo rischioso, almeno temporaneamente. Tra queste figurano:

instabilità emodinamica grave: il paziente ha un quadro critico grave (per esempio presenta shock settico, infarto in atto, grave ipotensione) e non può essere sottoposto ad anestesia generale;
coagulopatie non correggibili: ossia disturbi della coagulazione (come per esempio emofilia grave o piastrinopenia severa) che non rispondono a trattamento, rendendo l’intervento pericoloso per rischio di emorragia massiva;
infezione diffusa non controllata (sepsi severa): una peritonite biliare generalizzata o una sepsi non stabilizzata possono richiedere drenaggi temporanei prima di un intervento definitivo.

Controindicazioni relative

Le controindicazioni relative non escludono del tutto l’intervento, ma richiedono una valutazione approfondita, spesso il coinvolgimento di più specialisti e, a volte, una modifica del tipo di intervento (da laparoscopia a open). Tra queste figurano:

gravi aderenze addominali da pregressi interventi: possono rendere difficile o pericoloso l’accesso laparoscopico, in questi casi il chirurgo valuta la conversione alla chirurgia tradizionale;
malattie cardiovascolari o polmonari gravi: pazienti con scompenso cardiaco, aritmie instabili o broncopneumopatia cronica ostruttiva severa possono non tollerare l’anestesia generale o l’insufflazione dell’anidride carbonica usate nella laparoscopia;
gravidanza avanzata: la colecistectomia può essere eseguita in gravidanza, preferibilmente nel secondo trimestre, ma in fasi avanzate (terzo trimestre) può essere più complessa per la presenza dell’utero ingrossato, va valutato quindi il rapporto tra rischi e benefici;
obesità grave (BMI superiore a 40): rende più difficoltosa la procedura laparoscopica, aumenta il rischio anestesiologico e di complicanze post-operatorie (come infezioni o ernie);
età molto avanzata e fragilità clinica: in particolare in presenza di comorbilità multiple o condizioni di salute generale compromesse, in certi casi si può scegliere una gestione conservativa o palliativa;
sospetto tumore avanzato della colecisti: se l’intervento è eseguito per patologia neoplastica (per esempio un polipo), ma si sospetta infiltrazione locale o metastasi, può essere necessaria una chirurgia più estesa o, in alcuni casi, un trattamento oncologico prima dell’intervento.

Esistono alternative alla colecistectomia?

Quando l’intervento chirurgico non può essere eseguito, si può optare per alternative quali:

drenaggio percutaneo della colecisti (colecistostomia): utile nei pazienti critici o anziani non operabili e per risolvere un’infezione acuta, è una procedura minimamente invasiva che consiste nell’inserire un tubicino (catetere) direttamente all’interno della colecisti per drenare pus o bile infetta [7];
gestione conservativa: basata su dieta, farmaci antidolorifici e antibiotici, possibile nei casi lievi o in pazienti fragili, è utile a controllare i sintomi e prevenire complicanze in pazienti selezionati;
trattamento endoscopico (ERCP): utile se il problema riguarda calcoli nella via biliare principale, è una tecnica endoscopica combinata con radiografia che consente di visualizzare le vie biliari e il dotto pancreatico, rimuovere calcoli dalla via biliare principale (coledoco) e inserire stent per facilitare il deflusso della bile in caso di ostruzione.

Quali sono i rischi associati alla colecistectomia?

La colecistectomia è generalmente un intervento sicuro, soprattutto se eseguito in laparoscopia. Tuttavia, come ogni procedura chirurgica, non è priva di rischi e complicanze.

Tra questi figurano:

sindrome post-colecistectomia: insieme di sintomi (dolore, diarrea, reflusso biliare) che possono comparire dopo l’intervento, spesso sono transitori o gestibili con terapia medica;
lesioni delle vie biliari: grave, ma rara, può causare fuoriuscita di bile nell’addome (peritonite biliare) oppure ostruzione, spesso richiede un intervento correttivo maggiore, a volte con ricostruzione dei dotti biliari (per esempio una epatico-digiunostomia);
lesioni vascolari: possono interessare arteria epatica o vena porta, provocando emorragie importanti;
emorragie intra-addominali: possono verificarsi durante l’intervento e necessitare di trasfusioni o reintervento;
perforazione della colecisti: causa fuoriuscita di bile o pus, generalmente gestibile con lavaggio e drenaggio in laparoscopia;
infezioni della ferita chirurgica: trattabili con antibiotici e medicazioni;
ascesso addominale: raccolta di pus nell’addome, può richiedere drenaggio percutaneo e terapia antibiotica;
fistola biliare: perdita di bile da un dotto accessorio o lesione non riconosciuta, può causare dolore, febbre e ittero e si tratta con drenaggi, ERCP o reintervento;
trombosi venosa profonda o embolia polmonare: rischio aumentato nei pazienti allettati, l’utilizzo di calze, farmaci e una mobilizzazione precoce può ridurre significamene questa complicanza;
ernie nella sede delle incisioni: possono svilupparsi soprattutto nella porta ombelicale, talvolta richiedono correzione chirurgica;
stenosi della via biliare: restringimento del dotto biliare per cicatrizzazione, può causare ittero e infezioni ricorrenti ed è trattabile con stent o chirurgia ricostruttiva.

In sintesi

La colecistectomia è l’asportazione chirurgica della colecisti (cistifellea), l’organo che immagazzina la bile. È indicata in presenza di calcoli sintomatici o complicati (colelitiasi), colecistite acuta o cronica, polipi a rischio, porcellanizzazione della colecisti e disfunzioni motorie (discinesia biliare). I sintomi tipici che possono richiedere l’intervento includono dolore addominale post-prandiale, nausea, febbre, ittero, feci chiare e urine scure.

L’operazione può avvenire in laparoscopia (mininvasiva, con recupero rapido e cicatrici ridotte) o in modalità open (tradizionale, riservata a casi complessi o con aderenze). La procedura dura tra i 30 e i 90 minuti e il recupero post-operatorio varia a seconda dell’intervento: dopo la laparoscopia si torna a una vita normale in 2 o 4 settimane, dopo l’open servono fino a 6 o 8 settimane.

Le controindicazioni assolute all’intervento includono instabilità emodinamica, coagulopatie gravi e sepsi non controllata. Tra quelle relative figurano obesità severa, aderenze, gravi patologie cardio-polmonari, gravidanza avanzata e sospetto tumore avanzato. In alternativa alla chirurgia, si possono adottare approcci temporanei o palliativi come drenaggio percutaneo della colecisti, terapia medica conservativa o ERCP per calcoli nella via biliare principale.

Le complicanze, sebbene rare, possono richiedere interventi correttivi o trattamenti specialistici e includono: lesioni delle vie biliari o vascolari, emorragie, perforazioni, infezioni, fistole biliari, tromboembolie, sindrome post-colecistectomia, ernie incisionale e stenosi della via biliare.

Il contenuto fornito è solo a scopo informativo e non deve essere considerato un sostituto della diagnosi o del trattamento medico da parte di un professionista. Si sconsiglia l’autodiagnosi o il trattamento.

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